L’allarme siccità è ormai un fatto concreto. Il 2023 e il 2022, sono risultati come gli anni tra i più estremi in termini di caldo e di carenza di precipitazioni, dal 1961 ad oggi; in Italia la siccità ha raggiunto livelli assolutamente preoccupanti, con una perdita del 51,5% delle risorse idriche e questo sta mettendo in ginocchio le nostre colture e di conseguenza, anche l’intera economia agricola della provincia jonica. Abbiamo il dovere, tutti, di porre la massima attenzione al problema e di proporre delle soluzioni.
Nell’ultimo Consiglio Comunale del 29 luglio è stata portata in discussione una proposta di delibera sul tema della siccità e sulla necessità di adottare azioni tese ad affrontare tale emergenza.
Tale proposta, mi ha riportato alla mente un’annosa questione già discussa in passato e che mi sta molto a cuore. Ho quindi proposto un emendamento alla delibera, riguardante la necessità di mettere a frutto i sistemi di raccolta già esistenti sul territorio e mai utilizzati, come le Vasche di Bagnolo, per creare riserve idriche immediatamente disponibili per l’agricoltura.
Sono soddisfatto che il Consiglio Comunale abbia recepito questa proposta, approvandola all’unanimità. Si tratta di un segnale importante per un’azione concreta e coordinata a fronte del cambiamento climatico.
Ora immaginate dei giganti di cemento, la diga del Pappadai e le due Vasche di Bagnolo, costruite quasi quarant’anni fa per dissetare il Basso Salento, un’area storicamente caratterizzata da scarsità di risorse idriche. La prima Vasca di Bagnolo avrebbe dovuto catturare l’acqua del Pappadai e portarla nell’agro di Leverano, mentre la seconda, di soccorso alla prima, avrebbe accumulato l’acqua proveniente dal fiume Chidro. Un investimento enorme, un sogno di abbondanza d’acqua per le nostre campagne.
Mentre il Pappadai, grazie a un recente investimento regionale di ben 6 milioni di euro, si avvia forse, verso una nuova fase operativa, le Vasche di Bagnolo rimangono abbandonate. Un’opera complessivamente incompiuta, un impianto capace di contenere ben 20 milioni di metri cubi d’acqua e costato oltre 250 milioni di euro, puro esempio di assoluto spreco di denaro pubblico.
Oggi, il mio auspicio è che data l’attuale gravissima crisi idrica, si possa tornare a discutere di questo importante recupero nel suo complesso, sfruttando di fatto, un sistema di condotte e infrastrutture già esistenti. Bisogna dare una seconda possibilità a quest’opera, altrimenti sarà un’occasione persa per far fiorire la nostra terra.
Le risorse economiche per farlo ci sono e sono molteplici. Occorre con urgenza anche la volontà politica regionale, visto che su quella del Padreterno non possiamo intervenire in alcun modo!